Viaggio in Svezia

Di Riccardo Ricciarini

Non che questo sia un gran incipit, ma lungi d’averne mai fatto uno, posso anche ritenermi

soddisfatto, sicuramente non adopero per velleità o quant’altro, ma se non altro desideravo

che questo scritto non avesse propriamente la forma del classico diario di bordo, ma

l’essenza sua deve essere più caratteristica, più propria. Evitando la presentazione dei miei

compagni di viaggio certo non perdo la credibilità di ciò che scrivo, non che l’avventura sia

stata tra quelle che neppure ci si può credere, ma è la sua stesura che magari può

suscitare qualche dubbio.

Una volta entrati in treno, gentilmente accompagnati dalla polizia, rimanemmo piuttosto

sorpresi quando nel buio potemmo scorgere la figura di un magrebino che, impropriamente

aveva rivendicato la carrozza come sua e ivi vi stava dormendo in modo assai strano.

Ovviamente, quando facemmo notare la situazione alle forze dell’ordine seppero procedere

nella maniera più celere possibile: un calcio nel sedere e via da qualche altra parte! Non

contento l’uomo in divisa volle fare un controllo più approfondito ai nostri documenti, non

nego che pure io al suo posto qualche sospetto lo avrei avuto, non so di preciso quale

sospetto, ma di certo la nostra presenza era il contrario dell’ordinario.

Superate le solite scorribande che succedono nelle grandi stazioni di notte accade

un’epifania generale verso un barbone che campeggiava vicino all’uscio dell’aeroporto; non

che i sentimentalismi siano il nostro forte… magari è quel classico turbinio d’emozioni che

prova l’italiano quando si discosta a più di trenta minuti di macchina dalla propria casa e

ovviamente qual era il posto migliore dove riversarlo se non su quel povero discepolo

d’Allah.

Dopo ore raggiungemmo la meta prefissata. Da buoni studenti squattrinati che

siamo è facile intuire la qualità dei trasporti utilizzati, da ciò è doveroso precisare che una

volta aver messo piede in suolo straniero e dopo aver conseguito all’interminabile giro di

chiamate verso casa, una strana sensazione ci avvolse… e sempre da pessimi

sentimentalisti l’abbiamo tradotta in fame e come ogni capitale occidentale i fast food sono

fitti quanto la miseria. Sicuramente rimanemmo sorpresi dallo stranissimo idioma che

emetteva un giovanotto alla cassa, non parevano nemmeno parole, ma quasi una

scimmiottatura dall’incrocio d’una lingua asiatica e una medio orientale. Certamente cosa

ancora più sorprendente fu la lieta conoscenza dei prezzi che, diversamente da come

potevamo immaginare, essi rasentavano il ridicolo. Per dovere di cronaca però devo

precisare che questa straordinarietà economica si trova solamente all’interno dei più famosi

fast food, altrimenti per tutto il resto si paga usando il sale come se fossimo in tempi più

antichi. Di certo la permanenza all’interno del fast food non poteva essere breve, e dopo

esserci riposati e rifocillati a sufficienza partimmo verso l’esplorazione della città,

ovviamente secondo il mio stile sono costretto ad omettere ogni tipo di particolare fino

all’arrivo dell’ostello che molto diligentemente avevo prepagato su internet.

Al contrario delle visioni angeliche che tanto frequenti ci passavano vicine per istrada, in piedi al

bancone vi era una ragazza che tanto fuori luogo pareva per quelle terre lontane. La sua

fisionomia non era di certo scandinava, ma il vero fulcro della problematicità era ben

diverso. La struttura non era stellata, quindi un gran servizio e ospitalità nemmeno ci li

immaginavamo, però ci sono dei limiti che se superati rasentano la maleducazione. Ad

ogni modo, dopo aver tentato di parlare in tre lingue diverse per diversi minuti e sempre

dopo aver importunato un signore tutto che era situato nella nostra stanza (così

almeno era scritto nel biglietto datoci dalla ragazza) siamo finalmente riusciti ad entrare

nel nostro tugurio, o perlomeno lo sarebbe stato a breve.

Gli spiriti erano esausti quanto la carne, dormire era imperativo, ma come accade sempre in queste

occasioni il pisolino che

sarebbe dovuto durare massimo un’ora, in realtà, è durato un tempo ben maggiore. Nel mentre che

ero disteso nel mio cantuccio realizzai che forse le battaglie e le guerre in fondo in fondo

siano giustificate, se una volta caduti per mano di spada altrui delle valchirie (di come le

ho viste io) accompagnino il mio io nel Valhalla.

Perché sì, caro lettore le valchirie

esistono e io ho potuto vederle, quasi toccarle addirittura; non ci si deve immaginare un

ideale angelico che tanto bene noi siamo abituati dalle nostre parti, la sorpresa è la loro

bellezza spartana che molto rara appare ai nostri occhi. Vorrei dilungarmi ancora un po’

sull’argomento, ma qualcuno potrebbe accusarmi di cattivo gusto.

Sempre per aggraziarmi

il volere del pubblico è doveroso aprire una parentisi culinaria, certo è vero che la mia

nazionalità mi concede ben poco margine, ad esempio i ristoranti italiani all’estero sono

categoricamente banditi e a prima vista non sembrerebbe nemmeno un problema, peccato

per il fatto che un terzo della ristorazione che ho potuto osservare aveva caratteristiche

italiane. Allora stufi dei classici fast food un colpo di genio ci penetrò all’unisono: un

buffet cinese/giapponese. Come idea era perfetta: il locale si trovava in una zona della

città che ancora non avevamo visitato, dunque nuova esplorazione, il prezzo per il pranzo

era piuttosto contenuto e in fine come motivo principale è che ipoteticamente si può

mangiare all’infinito. È palese dire, che una volta usciti da lì, un anatrone possedeva

un’andatura migliore della nostra, ciononostante abbiamo continuato con l’itinerario che ci

eravamo prefissati, peccato che una disgrazia abbia flagellato un mio compagno, non sto

qui certo a descrivere i particolari… ma basti pensare che una volta rinvenutosi aveva più

fame di tutti noi altri messi insieme.

Come tutti noi sappiamo il bagno di casa è unico e

sacro, allora può capitare a volte che la costipazione sia una fedele compagna di viaggio,

se presa singolarmente non sarebbe neppure così tanto fastidiosa che, detto tra noi: è tutto

tempo risparmiato.

Comunque se abbinata all’indigestione dei danni più o meno seri

possono verificarsi, tutto ciò è accaduto al sottoscritto mentre era in visita al palazzo reale,

non che fu un male sorpreso senza preparativi, era già dalla mattina stessa che stavo poco

bene e quindi nella maniera più furba possibile ho deciso di compiere un pasto

esclusivamente fatto da carne di alce. Non che fosse cattiva, anzi, era proprio buona, ma

mentirei se dicessi che mi è rimasto un buon ricordo. Riprendendo dal palazzo reale ci

tengo a precisare che al suo interno non vi è stata alcuna indiscrezione, se non quella

d’averlo visitato in un tempo record.

Dal palazzo reale alla mia abitazione c’erano

all’incirca due chilometri abbondanti e una volta giunto su un ponte situato sopra ad uno

dei molti canali l’immaginazione non poteva far altro che prendere piede, le caratteristiche

erano praticamente le stesse, mancava solamente quel caldo soffocante che hanno le grandi

città durante il mese di luglio. Questo mio vagabondare col pensiero purtroppo è durato

solamente il tempo d’attraversamento del pontile. Da questo momento in poi vi risparmio i

dettagli fino a notte. La mente non funziona mai al massimo quando il corpo non lo è allo

stesso tempo, e con mille preoccupazioni dovute al fatto che se la mia condizione non

fosse migliorata lungo la notte, il viaggio di ritorno sarebbe stato molto problematico.

Prima di addormentarmi mi ritrovo nella piazza dirimpetto al palazzo reale e dopo essermi

disperato alla visione un vetturino che picchiava l’antropomifizzarzione di Richard Wagner

in un cavallo un sonno molto pesante e precoce mi colpì.

Non che il giorno dopo stessi da Dio, ma se non altro ero molto migliorato e dopo aver

preso del tè per reintegrare un po’ di liquidi, in uno dei posti più sudici e dal commesso più

strano che abbia mai visto, il vero e proprio viaggio di ritorno ha preso inizio. Lo spirito

generale era basso, eravamo tutti stanchi e molto preoccupati per il ritardo del volo che,

avrebbe poi potuto compromettere la nostra partenza col treno; grazie alla sconsideratezza

alla guida dei tassisti siamo riusciti ad arrivare in tempo. Con nostra grande sorpresa i

nostri posti assegnati in treno erano tutti occupati da persone di presumibile malaffare,

inoltre tutti i componenti emanavano un tanfo terribile, tanto che abbiamo scelto di

cambiare direttamente vagone per dei posti più scomodi ma meno schifosi.

Se proprio devo concludere le somme di questo scritto devo proprio ammettere che io non

sono il migliore a raccontare i viaggi, infatti esistono i giornalisti apposta.