Un tipico giorno lavorativo

di Nuti Riccardo

Suona la sveglia ed io salto giù dal letto, come una molla, dato che la sera prima sono andato a letto molto presto. Faccio colazione, guardando i programmi di motori, e vado a prendere il pullman con la mia fuoriserie Ape Anfibia, non prima di aver salutato il mio dolce cane Rex. In pullman guardo fuori dal finestrino e noto che è ancora buio, dato che sono le 6:30. Tengo il posto al mio amico Franco, che sale qualche fermata più avanti. Nel viaggio, dalla durata di un’ora, parlo con Franco di tutto e di più: da cosa ci aspetta nella mattinata scolastica fino all’orario nella quale dovremo andare ad allestire il paese per la festa di Natale, parlando del più del meno e scambiandoci opinioni.

Arriviamo alla stazione dei bus di Arezzo alle ore 8, se siamo in orario. Franco si dirige verso la sede centrale dell’ ITIS mentre io, Adamo e sua nipote dobbiamo fare circa 1 km per arrivare alla sezione del Pionta, arrivando inevitabilmente in ritardo. Puntualmente, quanto entriamo nell’ingresso della scuola, il badge non mi funziona e devo farmi mettere presente dall’insegnante. 

Entro in classe. Alcuni professori stanno già facendo lezione, mentre altri aspettano che arrivino gli ultimi alunni. Mi siedo accanto a Yuhan, mi sistemo e inizio la mattinata scolastica, lunga, infinita e stressante, perché se una persona segue le lezioni, a fine giornata esce da scuola con il mal di testa, senza contare poi il viaggio infinito in pullman per tornare a casa, spesso fatto in piedi. 

Ci sono giornate migliori e giornate peggiori, tutto dipende dalle materie che ci sono nell’arco della mattinata. In questo periodo la scuola è molto stressante, dato che siamo a fine trimestre e tutti i professori si fiondano a fare compiti, interrogazioni e recuperi per gli insufficienti. Io mi impegno per avere la sufficienza in tutte le materie per poi non trovarmi sorprese in pagella. Generalmente le prime tre ore passano velocemente, dato che ancora siamo più addormentati che coscienti. Ogni tanto ci scappa qualche parola con l’Arrigucci, ma breve, cercando di non farsi vedere dai professori. Il problema però è che, quando c’è Yuhan, io cerco di seguire la lezione, ma a volte mi distraggo dato che lui inizia a raccontarmi la storia delle civiltà cinesi e non riesco a farlo smettere. Ma dopo due anni sono riuscito a trovare la soluzione: lo minaccio di rompergli i lapis e di strappargli le pagine del quaderno. Ovviamente non capita mai, perché lui è un credulone e si rimette buono a scrivere. In fondo gli voglio bene e scherziamo molto spesso, perché è simpatico, anche se a volte mi distrae. 

Arriva l’intervallo. Ci dirigiamo tutti verso l’uscita della classe, con i nostri panini, e dialoghiamo su tutto e di più. Successivamente io e Adamo andiamo a fare visita a mia cugina Virginia e a suo nipote Aurora, che sono nella classe di fronte alla nostra, facendo colazione insieme. Purtroppo l’intervallo è un miraggio breve e al suono della campanella ritorniamo in classe per riprendere le lezioni.

Le ultime ore passano più lentamente ma, al suono dell’ultima ora, ritorniamo agli ovili. Io e Adamo ci dirigiamo verso la stazione dei bus per ritornare a casa. Non è una corsa diretta: cambiamo bus di fronte alla casa dei miei nonni e, mentre aspetto l’autobus, vado lì a mangiare. Poi prendo l’altro autobus e torno a casa, dove mi aspetta un pomeriggio di studio. Ceno, vado a letto e… si ricomincia!