La dipartita di Marcovaldo

Esperimento di riscrittura

di Alfonso Crescenzo I R  

Marcovaldo: la fine dell’eroe della natura

In un giorno di primavera, mentre i fiori sbocciavano, il sole splendeva e gli alberi si riempivano di gemme, Marcovaldo finì il il suo turno di lavoro e si avviò verso casa. Marcovaldo tornando allegramente a casa, notò la vivacità della natura nella città: piante che crescevano, frutti che maturavano, coccinelle sulle foglie e molto altro ancora. Ma quello che sbalordì Marcovaldo furono quattro alberi da frutto: un pero, che stava in cima ad una collina, un melo che si trovava vicino alla fermata dei bus, un pesco che nato dentro un parco e infine un ciliegio meraviglioso, imponente che svettava sopra ad un colle. Marcovaldo vedendo questi alberi pensò: “Quanto vorrei un giardino per tenere questi alberi da frutto!!” Dopo essere arrivato a casa Marcovaldo disse alla famiglia: “Ho visto dei bellissimi alberi da frutto tornando a casa .

La moglie Domitilla aveva uno sguardo indifferente, come sempre, mentre i figli  saltavano di gioia e volevano vedere questi alberi.  Marcovaldo promise ai figli: “Fra qualche giorno vi farò vedere gli alberi di cui vi ho raccontato”. Il giorno dopo, Marcovaldo, mentre andava a lavorare, vide che il pero era scomparso. Marcovaldo però era tranquillo, perché comunque erano rimasti gli altri alberi. Ma poi si accorse, che era sparito anche il melo e che molti animali sembravano svaniti. Marcovaldo, allora, cominciò a preoccuparsi e si accorse di fare tardi al lavoro, arrivò in ufficio e chiese al suo  capo : “Sai perché in questa città stanno abbattendo boschi e uccidendo animali?”. Il capo rispose: “ Non lo so, forse il Comune dovrà costruire qualcosa”.

Quando Marcovaldo tornò a casa, lesse il giornale e gli si spezzò il cuore, cioè  il Sindaco voleva disboscare e uccidere tutti gli animali per costruire industrie. Marcovaldo protestò, insieme a molti cittadini, ma non ebbe successo, perché la polizia era pronta a sedare la rivolta. Per questo, Marcovaldo decise di prendere una decisione drastica: fare lo sciopero della fame legato ad un palo talmente alto che neanche i pompieri riuscirono a prenderlo. Il sindaco volle aspettare qualche giorno prima di  farlo scendere dal palo, ma niente malgrado tutte le minacce Marcovaldo resisteva. Passò una settimana e mezzo, finchè il sindaco capì che Marcovaldo non poteva resistere tanto a lungo e allora decise di non disboscare più i boschi e di far scendere  Marcovaldo.

Marcovaldo,  dopo il lungo sciopero della fame e dopo essere stato fatto scendere dal palo , apparve estremamente provato e dimagrito, quasi scheletrico. Il sindaco era molto arrabbiato perché  non poteva più costruire industrie per la città, quindi pensò di far fuori Marcovaldo, usando lo stesso veleno inoculato al coniglio(cavia) che si trovava in ospedale. Il Sindaco con scaltrezza e astuzia, riuscì a far bere il veleno all’ingenuo Marcovaldo, che si sentì subito male e andò immediatamente in ospedale accompagnato dalla famiglia. Marcovaldo era molto provato e il dottore gli disse: “Ho una brutta notizia per lei, signor Marcovaldo, ha una malattia incurabile da avvelenamento, quindi morirà tra tre giorni circa”. Allora Marcovaldo espresse un ultimo desiderio: “ Quando morirò, vorrei essere seppellito sotto il ciliegio sopra la collina”. Durante gli ultimi giorni di vita di  Marcovaldo, il Sindaco fu arrestato, perché le telecamere dell’ospedale lo avevano filmato mentre prendeva il coniglio infetto poi usato per avvelenare Marcovaldo .

Marcovaldo fu  felice quando scoprì chi era il colpevole, ma lo fu ancor di più, quando vide le foglie del ciliegio sbocciare e pensò alle  ciliegie che stavano per comparire. Tre giorni dopo l’annuncio del dottore, Marcovaldo morì, e i suoi familiari e i suoi amici piangevano la sua morte sotterrandolo sotto l’ombra del ciliegio .

 E così Marcovaldo poté stare da solo nella natura, all’ombra di un bel ciliegio in fiore.